Capitolo 17, versetto 18 - Capitolo 18, versetto 21
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E anche certi filosofi epicurei e stoici disputavano con lui, e alcuni dicevano: «Che vuol dire questo chiacchierone?». E altri: «Par che annunzi divinità straniere!». Egli, di fatto, annunziava
Gesù e la risurrezione.
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Allora lo presero e lo condussero all'Areopago, dicendo: «Possiamo noi sapere che cos'è questa nuova dottrina che tu insegni?
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Per certo, tu ci rechi agli orecchi delle cose strane; vorremmo dunque sapere di che si tratta».
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Ora, gli Ateniesi tutti e gli ospiti forestieri non badavano ad altro che a dire o ascoltare qualche cosa di nuovo.
Il discorso all'Areopago.
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E Paolo, ritto in piedi in mezzo all'Areopago, disse: «Ateniesi, io veggo voi in tutto e per tutto singolarmente religiosi.
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Tanto è vero, che passando e vedendo i vostri simulacri, ho trovato perfino un altare con questa iscrizione: "Al Dio ignoto". Or quello che voi onorate senza conoscerlo, quello io annunzio a voi.
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Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che vi si trova, Signore com'è del cielo e della terra, non abita in templi fatti dalla mano dell'uomo;
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e non può esser servito da mani d'uomini, quasi avesse bisogno di qualche cosa, dando egli a tutti la vita e il respiro e ogni cosa.
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Egli fece che l'umana progenie, nata da un solo, si spandesse su tutta la faccia della terra; e ha determinato il tempo e i confini della loro dimora,
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affinché cerchino Dio e si sforzino di trovarlo pur andando a tastoni. E non è già ch'egli sia lontano da ciascun di noi,
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poiché in lui abbiam la vita, il movimento e l'essere, come anche alcuni de' vostri poeti hanno detto: - Noi siamo progenie di lui. -
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Essendo dunque noi progenie di Dio, non dobbiamo credere che all'oro, o all'argento, o alla pietra scolpita ad arte e con ingegno umano sia simile la Divinità;
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E Dio, non tollerando più i tempi di siffatta ignoranza, fa oggi annunziare agli uomini tutti e da per tutto che facciano penitenza,
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avendo egli stabilito il giorno, in cui giudicherà il mondo nella equità per mezzo di un uomo da lui prescelto, facendone a tutti fede con risuscitarlo da' morti».
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Sentita però la risurrezione de' morti, alcuni se ne fecero beffe; altri dissero: «Di questo t'udiremo un'altra volta».
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Così Paolo uscì di mezzo a loro.
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Alcuni però s'unirono a lui, e credettero; tra questi, Dionigi l'Areopagita, una donna, per nome Damaride, e altri con loro.
Capitolo 18
A Roma: Claudio. 2º viaggio di Paolo. 49 - 52 d.C. Inizio 3º viaggio, 53 d.C.
Paolo a Corinto.
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- Dopo queste cose, Paolo, partitosi da Atene, venne a Corinto.
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E avendo trovato un certo giudeo, di nome Aquila, oriundo del Ponto, venuto di fresco dall'Italia insieme con Priscilla sua moglie (perché Claudio aveva ordinato che tutti i giudei se n'andasssero da Roma), s'accostò a loro;
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e siccome era dello stesso mestiere, andò a stare e a lavorare con loro: facevano il mestiere di fabbricanti di tende.
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Ogni sabato poi ragionava nella sinagoga, interponendo il nome del Signore Gesù, e persuadeva Giudei e Greci.
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Ma, venuti che furono Sila e Timoteo dalla Macedonia, Paolo si diè tutto alla predicazione, testimoniando a' Giudei che Gesù era il Cristo.
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Siccome però questi gli facevan contrasto e bestemmiavano, egli, scotendosi le vesti, disse loro: «Il sangue vostro ricada sul vostro capo; io non ne ho colpa; d'ora in poi me n'andrò a' Gentili».
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E, partitosi di là, entrò in casa d'uno chiamato Tito Giusto, adoratore di Dio; la casa di lui era presso alla sinagoga.
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Or Crispo, il capo della sinagoga, credette nel Signore con tutta la sua famiglia, e molti de' Corinti, udendo credevano, ed eran battezzati.
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E il Signore, di notte in visione, disse a Paolo: «Non temere, ma parla e non tacere;
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perché io son teco, e nessuno giungerà a farti del male: io ho un gran popolo in questa città».
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Così Paolo si fermò a Corinto un anno e sei mesi, insegnando a tutti la parola di Dio.
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Essendo poi Gallione proconsole dell'Acaia, i Giudei tutti d'accordo insorsero contro Paolo, e lo menarono al tribunale,
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dicendo: «Costui persuade la gente a rendere a Dio un culto contrario alla legge».
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E come Paolo era lì pronto a parlare, Gallione disse a' Giudei: «Se si trattasse di qualche delitto, di qualche grave misfatto, io, o Giudei, vi darei ascolto come ragion vuole;
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ma, poiché si tratta di questioni di parole e di nomi, e appartengono alla vostra legge, pensateci voi: io non voglio farmi giudice di queste cose».
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E li mandò via dal tribunale.
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Tutti allora presero Sostene, capo della sinagoga, e lo percossero dinanzi al tribunale; e Gallione non se ne curava affatto.
A Efeso e a Gerusalemme.
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Paolo rimase là molti giorni ancora, e dopo, preso commiato da' fratelli, s'imbarcò per la Siria, con Priscilla ed Aquila, fattosi tagliare i capelli a Cenerea, perché aveva un voto.
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Giunti che furono a Efeso, si separò da' compagni. Egli poi, entrato nella sinagoga, discuteva coi Giudei:
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e siccome questi lo pregavano di fermarsi più a lungo, Paolo non acconsentì;
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ma, nel congedarsi da loro, promise: «Un'altra volta, se piace a Dio, io tornerò a voi». Fece vela da Efeso,