Capitolo 22, versetto 3 - Capitolo 28, versetto 3
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E continuò: «Io sono un Giudeo nato a Tarso di Cilicia, ma allevato in questa città, istruito ai piedi di Gamaliele nell'esatta osservanza della legge de' nostri padri, zelante della legge come siete voi tutti, oggi;
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e ho perseguitato a morte questa dottrina, procurando che uomini e donne fossero arrestati e messi in prigione,
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della qual cosa mi son testimoni il sommo sacerdote e gli anziani, dai quali ebbi lettere pei fratelli di Damasco; e io mi ci recavo per menare in catene a Gerusalemme quelli di là, perché fossero puniti.
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Or mentre io ero in cammino, già vicino a Damasco, sul mezzogiorno, d'un subito mi sfolgorò d'intorno una gran luce dal cielo.
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Caddi per terra, e udii una voce che mi diceva: - Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? -
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Io risposi: - Chi sei, Signore? - Ed egli mi disse: - Io sono
Gesù il Nazareno, che tu perseguiti. -
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E quanti erano meco videro ben la luce, ma non udirono la voce di colui che mi parlava.
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Allora dissi: - Signore, che devo fare? - E il Signore mi rispose: - Lèvati su, va' in Damasco, e qui ti sarà detto tutto quel che devi fare. -
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E siccome io non ci vedevo per il bagliore di quella luce, giunsi a Damasco guidato a mano da coloro ch'erano meco.
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Un certo Anania, uomo secondo la legge e del quale tutti i Giudei ivi dimoranti rendevano buona testimonianza,
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venne da me, e standomi accanto, mi disse: - Saulo fratello, che tu riabbia la vista! - E in quell'istante stesso lo vidi.
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Allora egli disse: - Il Dio dei nostri padri t'ha preordinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e a udire la voce della bocca di lui;
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giacchè tu gli sarai, presso tutti gli uomini, testimone delle cose che hai vedute e udite.
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E adesso, che aspetti? Lèvati, ricevi il battesimo e làvati dei tuoi peccati, invocando il suo nome. -
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Avvenne poi che, tornato a Gerusalemme, mentre pregavo nel tempio, fui rapito in estasi,
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e vidi Lui che mi diceva: - Fa' presto, esci subito da Gerusalemme, perché non accetteranno la tua testimonianza rispetto a me. -
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E io osservai: - Signore, essi sanno che ero io a metterli in carcere e flagellare nelle sinagoghe quelli che credevano in te;
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e quando si spandeva il sangue di Stefano, tuo testimone, c'ero anch'io ad approvare, e custodivo le vesti di coloro che l'uccidevano. -
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Allora mi disse: «Va', ch'io ti manderò lontano verso i Gentili -».
Nuovo e più fiero tumulto.
22
L'ascoltarono sino a questa parola; ma qui alzarono la voce, dicendo: «Togli dal mondo quest'uomo; non è degno di vivere!».
23
E com'essi gridavano e gettavan via le vesti e lanciavan polvere in aria,
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il tribuno comandò che Paolo fosse menato in fortezza, battuto con flagelli e messo alla tortura, a fin di scoprire per qual motivo gridassero così contro di lui.
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E legato che l'ebbero con cinghie, Paolo disse al centurione che era lì presente: «V'è egli lecito di flagellare un uomo Romano, neppur condannato?».
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Il centurione, udito questo, corse dal tribuno, dicendo: «Che stai per fare? quest'uomo è cittadino Romano!».
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Allora il tribuno venne da Paolo e gli chiese: «Dimmi, sei tu Romano?». Ed egli rispose: «Sì».
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Il tribuno osservò: «A me questa cittadinanza è costata una gran somma!». E Paolo: «Io, invece, l'ho dalla nascita».
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Onde coloro che stavano per torturarlo si ritrassero subito da lui; e il tribuno stesso ebbe paura a saper ch'egli era cittadino Romano, perché l'aveva fatto legare.
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Il giorno di poi, volendo conoscere esattamente di che cosa lo accusassero i Giudei, il tribuno lo fece sciogliere, e comandò si radunassero i capi dei sacerdoti con tutto il Sinedrio; e, menato fuori Paolo, lo fe' comparire davanti a loro.
Capitolo 23
A Roma: Nerone - Gerusalemme: congiura contro Paolo, poi prigioniero a Cesarea 58 - 60 d.C.
Davanti al Sinedrio.
1
- Paolo, fissato lo sguardo sul Sinedrio, disse: «Fratelli, fino a questo giorno io son vissuto dinanzi a Dio in tutta buona coscienza».
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Qui, il sommo sacerdote Anania comandò a' più vicini che lo percuotessero sulla bocca.
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Allora Paolo gli disse: «Iddio percuoterà te, muraglia imbiancata! Tu siedi a giudicarmi secondo la legge, e, violando la legge, ordini ch'io sia percosso?».
4
Quelli che stavano intorno gli dissero: «Oltraggi tu il sommo sacerdote di Dio?».
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E Paolo: «Fratelli, io non sapevo esser lui il sommo sacerdote; chè sta scritto: "Non oltraggiare il principe del tuo popolo"».
6
Paolo, sapendo che una parte era di Sadducei, e l'altra di Farisei, nel Sinedrio esclamò: «Fratelli, io son Fariseo, figlio di Farisei, e son chiamato in giudizio per la speranza nella risurrezione dei morti!».
7
Com'ebbe detto questo, nacque un contrasto tra Farisei e Sadducei, e l'assemblea si divise.
8
I Sadducei infatti dicono non esserci risurrezione, né angelo, né spirito, mentre i Farisei affermano ambedue le cose.
9
E si fece un gran vociare. Alcuni del partito de' Farisei si levaron su a protestare, gridando: «Noi non troviamo alcun male in quest'uomo; e se uno spirito o un angelo gli avesse parlato?».
10
Il tumulto cresceva; e il tribuno, temendo che Paolo fosse fatto da loro a pezzi, comandò ai soldati che scendessero a prenderlo in mezzo e condurlo in fortezza.
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La notte seguente, il Signore fu dinanzi a lui e gli disse: «Sii di buon animo; come m'hai reso testimonianza in Gerusalemme, così bisogna che tu me la renda anche in Roma».
Una congiura di Giudei contro Paolo.
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Quando fu giorno, alcuni Giudei ordirono una congiura, facendo voto, con imprecazioni, di non toccar cibo né bevanda sino a che non avessero ucciso Paolo.
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Ed eran più di quaranta coloro che avevan fatta questa congiura.
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Essi si recarono dai capi dei sacerdoti e dagli anziani, dicendo: «Noi abbiam fatto voto, con imprecazione, di non prender cibo sino a quando non abbiamo ucciso Paolo.
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Voi dunque, col Sinedrio, fate sapere al tribuno che lo meni giù da voi, come se voleste esaminarlo più a fondo, e noi, pronti, prima che arrivi da voi, l'uccideremo».
16
Ma un figliuolo della sorella di Paolo, risaputo di questa insidia, andò alla fortezza, entrò, e riferì la cosa a Paolo.
17
E Paolo, fatto chiamare uno dei centurioni, gli disse: «Conduci questo giovine dal tribuno; ha qualche cosa da fargli sapere».
18
E subito colui lo prese, lo menò al tribuno e disse: «Quel carcerato, Paolo, m'ha pregato di condurre a te questo giovine, che ha qualche cosa da dirti».
19
E il tribuno, presolo per mano e ritiratosi in disparte con lui, gli domandò: «Che cos'hai da farmi sapere?».
20
Ed egli rispose: «I Giudei si sono accordati per pregarti di condurre domani Paolo al Sinedrio col pretesto di esaminarlo più minutamente;
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ma tu non ti fidare di essi, perché più di quaranta de' loro gli preparano insidie, avendo fatto voto con imprecazioni di non mangiare né bere, sino a che non l'abbiano ucciso: ed ora stanno pronti, aspettando il tuo assenso».
Paolo è condotto in Cesarea.
22
Il tribuno licenziò il giovane, dopo avergli comandato di non dire ad alcuno che gli aveva palesato tali cose.
23
E chiamati due centurioni, disse loro: «Che sian pronti per la terza ora della notte duecento soldati, settanta cavalieri e dugento lancieri, per andar fino a Cesarea;
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e fate preparare delle cavalcature per porvi Paolo sopra e condurlo salvo al governatore Felice».
25
Egli infatti temette che forse i Giudei, rapitolo, l'uccidessero, e su lui ricadesse la calunnia d'aver preso danaro.
26
Scrisse poi una lettera che diceva così: «Claudio Lisia, all'eccellentissimo governatore Felice, salute.
27
Quest'uomo era stato preso dai Giudei e sul punto d'essere ucciso quand'io, sopraggiunto co' soldati, l'ho liberato, avendo inteso ch'è Romano;
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e, volendo conoscere di che l'accusavano lo condussi dinanzi al loro Sinedrio.
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Ma trovai ch'è accusato di questioni della loro legge, senza che ci sia colpa alcuna degna di morte o di catene.
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Or mi s'è riferito di insidie tese a lui; perciò te lo mando, avvertendo anche i suoi accusatori che si rivolgano a te. Sta' sano.»
31
I soldati dunque, secondo gli ordini ricevuti, presero Paolo e lo condussero di notte ad Antipatride.
32
Il giorno seguente, lasciando che i cavalieri andassero con lui, ritornarono alla fortezza.
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E quelli, giunti a Cesarea, consegnarono la lettera al governatore e gli presentarono anche Paolo.
34
Il governatore, com'ebbe letta la lettera, domandò a Paolo di qual provincia fosse; e udito che era di Cilicia,
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disse: «T'ascolterò quando saranno arrivati anche i tuoi accusatori». E ordinò che fosse custodito nel pretorio di Erode.
Capitolo 24
A Roma: Nerone. Difese di Paolo 58 - 60 d.C.
Paolo dinanzi a Felice.
1
- Di lì a cinque giorni, venne il sommo sacerdote Anania con alcuni anziani e un oratore, certo Tertullo; e comparvero dinanzi al governatore per accusar Paolo.
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Fatto venir Paolo, Tertullo cominciò così l'accusa: «La molta pace che in grazia tua godiamo, e le riforme ispirate dalla tua avvedutezza,
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noi, o eccellentissimo Felice, in tutto e per tutto riconosciamo con viva gratitudine.
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Or, per non trattenerti troppo a lungo, ti prego d'ascoltarci, nella tua equità, brevemente.
5
Noi abbiamo quest'uomo pestifero, suscitatore di sedizioni fra tutti i Giudei del mondo intero, e capo sedizioso della setta dei Nazareni;
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egli ha perfin tentato di profanare il tempio; sicchè noi, avendolo preso, volevamo giudicarlo secondo la nostra legge.
7
Ma il tribuno Lisia, sopraggiunto, lo strappò con grande violenza dalle nostre mani,
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ordinando a' suoi accusatori di venire da te: e tu, interrogandolo, potrai da lui essere informato di tutte le cose delle quali noi lo accusiamo».
9
I Giudei s'unirono anch'essi, dicendo che le cose stavano proprio così.
10
E Paolo, dopo che il governatore gli ebbe fatto segno di parlare, rispose: «Siccome so che da molti anni tu governi questa nazione, con maggior fiducia parlo in mia difesa.
11
Tu puoi accertarti sicuramente, che non son più di dodici giorni da che salii a Gerusalemme per adorare.
12
E non m'han veduto, o nel tempio o nelle sinagoghe o in città, discutere con alcuno, né fare adunata di popolo;
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e non possono provarti le cose delle quali ora mi accusano.
14
Io però ti confesso, che, seguendo la dottrina che essi chiamano setta, io servo il Dio de' padri, credo tutto ciò che è scritto nella Legge e ne' Profeti,
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e ho in Dio la speranza che ci sarà quella risurrezione de' giusti e degl'ingiusti che essi pure aspettano.
16
Per questo io mi studio di conservar sempre incontaminata la coscienza dinanzi a Dio e agli uomini.
17
Or dopo molti anni sono venuto a portar limosine per la mia nazione e a offrir sacrifizi.
18
Così m'hanno visto purificato nel tempio, senza radunata di gente e senza tumulto.
19
Quei tali Giudei dell'Asia, che pur dovevano comparire davanti a te ed accusarmi, se avessero qualche cosa contro di me,
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oppure questi stessi dicano se m'han trovato in colpa quando fui davanti al Sinedrio;
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a meno che non mi si voglia far carico di quella parola che m'uscì stando in mezzo a loro: -Io son oggi giudicato da voi sulla risurrezione de' morti-».
22
Felice, che ben sapeva di questa dottrina, rimandò la causa ad altro giorno dicendo: «Quando sarà venuto il tribuno Lisia, allora v'ascolterò».
23
E dette ordine al centurione di tener Paolo in custodia, lasciandogli qualche sollievo, né si vietasse ad alcuno dei suoi di assisterlo.
24
Qualche giorno dopo, venne Felice con Drusilla sua moglie, che era giudea, e, mandato a chiamar Paolo, lo volle sentir parlare della fede in Cristo Gesù.
25
Ma quando Paolo entrò a parlar di giustizia, di continenza, e del futuro giudizio, Felice atterrito disse: «Per adesso va' pure; a miglior tempo ti manderò a chiamare».
26
Egli sperava nello stesso tempo che Paolo gli avrebbe dato del denaro; perciò lo mandava spesso a chiamare per discorrere con lui.
27
Passati due anni, Felice ebbe per successore Porzio Festo; il quale, volendo entrar nelle grazie de' Giudei, lasciò Paolo in prigione.
Capitolo 25
A Roma: Nerone. Difese di Paolo 58 - 60 d.C.
Paolo dinanzi a Festo.
1
- Festo pertanto, essendo giunto nella provincia, dopo tre giorni salì da Cesarea a Gerusalemme.
2
E i capi dei sacerdoti e i più ragguardevoli de' Giudei gli si presentarono contro Paolo; e lo pregavano,
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chiedendogli in grazia che lo facesse venire a Gerusalemme; intanto gli avrebbero teso insidie per ucciderlo lungo la via.
4
Ma Festo rispose che Paolo era tenuto in custodia a Cesarea, dove egli stesso sarebbe tornato fra breve.
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«Quelli dunque di voi», diss'egli «che hanno autorità di farlo, vengano con me, e lo accusino, se alcun delitto è in quest'uomo».
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Rimasto non più di otto o dieci giorni tra loro, ridiscese a Cesarea; e il giorno appresso, sedendo in tribunale, comandò che Paolo fosse condotto.
7
Venuto, i Giudei, che eran discesi da Gerusalemme, lo circondarono, movendogli molte e gravi accuse che non potevano provare,
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mentre Paolo si difendeva: «Io non ho fatto nulla di male né contro la legge de' Giudei, né contro il tempio, né contro Cesare».
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Ma Festo, volendo entrar nelle grazie de' Giudei, chiese a Paolo: «Vuoi tu salire a Gerusalemme, ed esservi giudicato di queste cose in mia presenza?».
10
Ma Paolo rispose: «Io sto al tribunale di Cesare, e qui mi si deve giudicare. A' Giudei non ho fatto torto, come tu sai molto bene.
11
Dato ch'io sia colpevole e abbia fatto cosa degna di morte, non ricuso di morire; ma se nelle accuse di costoro non c'è nulla di vero, nessuno mi può donare ad essi. Mi appello a Cesare!».
12
Allora Festo, conferito col suo consiglio, rispose: «Ti sei appellato a Cesare? A Cesare andrai».
Paolo dinanzi ad Agrippa.
13
Passati alcuni giorni, il re Agrippa e Berenice arrivarono a Cesarea per salutare Festo.
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Ed essendosi trattenuti vari giorni, Festo parlò di Paolo al re, dicendo: «È qui un cert'uomo, lasciato in prigione da Felice.
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Quando fui a Gerusalemme, vennero i capi dei sacerdoti e gli anziani, chiedendo la sua condanna.
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Risposi loro che non era usanza de' Romani di condannare un uomo, prima che l'accusato si trovi in faccia degli accusatori, e abbia modo di difendersi dall'accusa.
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Quindi, essi vennero qua, e io, senza indugio, il giorno appresso, sedendo in tribunale, comandai che quell'uomo mi fosse menato innanzi.
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I suoi accusatori, presentatisi, non gli attribuivano alcun delitto di quelli ch'io sospettavo;
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avevan solo contro di lui certe quistioni riguardanti la loro particolare superstizione e un certo Gesù morto, che Paolo affermava esser vivente.
20
E stando io in dubbio sulla faccenda, gli proposi se voleva andar a Gerusalemme ed esservi giudicato di queste cose.
21
Ma, essendosi Paolo appellato per esser riservato al giudizio d'Augusto, io comandai fosse tenuto in custodia finchè lo mandassi a Cesare».
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E Agrippa disse a Festo: «Vorrei udirlo anch'io codest'uomo». Quello rispose: «Domani l'udrai».
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Il giorno appresso, Agrippa e Berenice vennero in gran pompa, e, entrati nella sala d'udienza coi tribuni e co' notabili della città, Paolo, per ordine di Festo, fu menato innanzi.
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E Festo disse: «Re Agrippa, e tutti che siete qui presenti, voi vedete quest'uomo contro il quale tutta la moltitudine de' Giudei s'è rivolta a me in Gerusalemme, gridando non esser più degno di vivere.
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Io però ho riconosciuto che non ha fatto nulla che meriti la morte; e siccome egli stesso s'è appellato ad Augusto, io ho deciso di mandarlo.
26
Ma non ho nulla di ben certo da scriverne al sovrano; perciò l'ho fatto venire davanti a voi, e principalmente davanti a te, o re Agrippa, affinché, dopo questo esame, io abbia qualcosa da scrivere.
27
Sembra infatti del tutto fuor di ragione mandare un carcerato senza dirle accuse contro di lui».
Capitolo 26
A Roma: Nerone. Difese di Paolo 58 - 60 d.C.
Ultimo discorso di Paolo.
1
- E Agrippa disse a Paolo: «Puoi parlare in tua difesa». Allora Paolo, stesa la mano, cominciò in tal modo a difendersi:
2
«Re Agrippa, io ho la fortuna di potermi oggi difendere davanti a te di tutte le accuse che mi fanno i Giudei,
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specialmente perché tu hai conoscenza de' riti e delle quistioni che s'agitano tra i Giudei; perciò ti prego d'ascoltarmi con pazienza.
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Qual vita io abbia menata fin dalla giovinezza in seno alla mia nazione a Gerusalemme, tutti i Giudei lo sanno:
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conoscono da gran tempo, se pur vogliono renderne testimonianza, ch'io son vissuto a principio da Fariseo, secondo la più rigida setta della nostra religione.
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E ora sto sottoposto a giudizio per la speranza che ho nella promessa fatta da Dio a' nostri padri;
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della quale le nostre dodici tribù, servendo a Dio giorno e notte, aspettano il compimento. Per questa speranza, o re, sono accusato da' Giudei!
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E sembra a voi incredibile che Dio risusciti i morti?
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Io pure credetti di oppormi di viva forza al nome di Gesù il Nazareno;
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e lo feci in Gerusalemme, dove, avutone il potere da' capi dei sacerdoti, chiusi nelle prigioni molti santi; e quando eran messi a morte, diedi il mio voto.
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Spesso, per tutte le sinagoghe, a forza di castighi li costrinsi a bestemmiare; e, sempre più infuriando contro di loro, li perseguitai fin nelle città straniere.
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Mentre a tale scopo mi recavo a Damasco con potere e per commissione de' capi dei sacerdoti,
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di mezzo giorno, lungo la strada, io vidi, o re, una luce più splendente del sole, la quale dal cielo lampeggiò intorno a me e a quelli che eran meco.
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Cademmo tutti per terra, e io udii una voce dirmi in lingua ebraica: - Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Ti è duro ricalcitrar contro lo stimolo. -
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E io dissi: - Chi sei, Signore? - E il Signore rispose: - Io son Gesù che tu perseguiti.
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Ma lèvati e sta' in piedi; poiché ti sono apparso per questo, per costituirti ministro e testimone delle cose che hai vedute, e di quelle per le quali ti apparirò,
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traendoti fuori da questo popolo e da' Gentili ai quali ora ti mando
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ad aprir loro gli occhi, che si convertano dalle tenebre alla luce e dalla potestà di Satana a Dio, e ottengano, per la fede in me, la remissione de' peccati e l'eredità tra i santi.-
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Perciò, o re Agrippa, io non fui disubbidiente alla celeste visione;
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e prima a que' di Damasco, poi a Gerusalemme e per tutta la Giudea e a' Gentili ho predicato che si pentano e si convertano a Dio, facendo degne opere di penitenza.
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Per tutto questo i Giudei m'han preso nel tempio, e hanno tentato d'uccidermi.
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Ma, confortato dall'aiuto di Dio, l'ho durata sino ad oggi, rendendo la mia testimonianza davanti a piccoli e a grandi, senz'aggiungere nulla a quello che i Profeti e Mosè, han detto dover succedere:
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che il Cristo patirebbe, e che, essendo lui il primo a risuscitare da' morti, annunzierebbe la luce al suo popolo e a' Gentili».
24
Mentre Paolo così parlava in sua difesa, Festo esclamò ad alta voce: «Paolo, tu farnetichi; la molta dottrina ti fa dare in pazzia».
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Ma Paolo rispose: «Io non farnetico, eccellentissimo Festo; le mie parole son di verità e di buon senno.
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Il re conosce queste cose, e io gliene parlo francamente, persuaso che nulla ignora di tutto questo; poiché non son cose fatte di nascosto.
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Re Agrippa, credi tu ai Profeti? Io so che ci credi».
28
E Agrippa, disse a Paolo: «Poco manca che tu non mi fai diventar cristiano!».
29
E Paolo: «Manchi poco o molto, desidero da Dio che non solo tu, ma quanti oggi mi ascoltano, diventiate tali quale son io, salvo queste catene».
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Allora il re, il governatore, Berenice, con tutto il loro seguito, si alzarono;
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e, ritiratisi in disparte, dicevano tra loro: «Quest'uomo non ha fatto nulla che meriti morte o prigione».
32
E Agrippa disse a Festo: «Quest'uomo poteva esser messo in libertà, se non si fosse appellato a Cesare».
Capitolo 27
A Roma: 4º viaggio. Paolo prigioniero verso Roma. Anno 59 d.C. (o 60 d.C.).
In viaggio verso l'Italia.
1
- Quando dunque fu determinato di far vela per l'Italia, Paolo e cert'altri prigionieri furon consegnati a un centurione, di nome Giulio, della coorte Augusta.
2
E, saliti sopra una nave di Adramitto che doveva costeggiare i porti dell'Asia, salpammo, avendo con noi Aristarco, macedone di Tessalonica.
3
Il giorno seguente arrivammo a Sidone; e Giulio, che trattava Paolo con benevolenza, gli permise di andare da' suoi amici a ristorarsi.
4
Poi, partiti di là, navigammo sotto Cipro, perché i vènti eran contrari;
5
e, traversato il mare di Cilicia e Panfilia, arrivammo a Mira di Licia.
6
Qui il centurione, trovata una nave alessandrina che faceva rotta per l'Italia, ci trasferì in essa.
7
E dopo aver navigato lentamente per molti giorni, arrivammo con pena dirimpetto a Gnido, trattenuti dal vento, ci accostammo a Creta, dalla parte di Salmone;
8
e costeggiando con gran difficoltà, venimmo a un certo luogo, chiamato Beiporti, vicino a cui era la città di Talassa.
9
Passato così molto tempo, e il navigar facendosi sempre più pericoloso, perché era passato il digiuno, Paolo li ammoniva
10
dicendo: «Uomini, io vedo che la navigazione riuscirà di danno e perdita grande, non solo del carico e della nave, ma anche delle nostre vite».
11
Ma il centurione credeva più al pilota e al padron della nave che non alle cose dette da Paolo.
12
E siccome quel porto non era adatto a svernare, i più furon di parere di partirne e, se fosse possibile, spingersi fino a Fenice, porto di Creta, che guarda a libeccio e a maestro, e di passarvi l'inverno.
13
Soffiando poi l'australe, credettero d'esser al loro proposito, quindi, tolte le ancore, costeggiavano Creta più da vicino.
Fiera tempesta.
14
Ma poco dopo si rovesciò su essa un vento tifonico, che si chiama Euro-Aquilone;
15
e siccome la nave era portata via, non potendo resistere al vento, noi la lasciammo andare, trascinati con essa.
16
Così, correndo sotto un'isola chiamata Cauda, riuscimmo con gran difficoltà ad assicurarci della scialuppa.
17
Tiratala su, misero in opera i ripari, ricingendo la nave, e, per timore di finir sulla Sirte, ammainarono le vele lasciandosi trasportare.
18
In tal modo, trovandoci fieramente sbattuti dalla tempesta, il giorno appresso cominciarono a far getto del carico;
19
e il terzo giorno, con le lor proprie mani buttarono a mare gli attrezzi della nave.
20
Più giorni passarono senza veder né sole né stelle; la tempesta infuriava su noi; già perduta era ogni speranza di salvarci.
21
E poiché si stava da un pezzo senza prender cibo, Paolo, ritto in mezzo a quelli, disse: «Uomini, bisognava darmi ascolto, e non partire da Creta; vi sareste risparmiati questo strapazzo e questo danno.
22
Ma ora vi conforto a star di buon animo, giacchè nessuno di voi perirà, e solo la nave andrà perduta.
23
Mi è apparso proprio questa notte un angelo di quel Dio, di cui io sono e a cui servo,
24
dicendomi: - Paolo, non temere; tu devi comparire dinanzi a Cesare; ed ecco, Dio t'ha fatto dono di tutti quelli che navigano con te.-
25
Perciò, uomini, fatevi animo, perché ho fede in Dio che avverrà così, come m'è stato detto.
26
Or ci bisogna d'esser gettati su una qualche isola».
Naufragio.
27
Eravamo alla quattordicesima notte, sbattuti per l'Adriatico, quando verso la mezzanotte i marinai credettero d'esser vicini a qualche terra.
28
Calato lo scandaglio, trovarono venti braccia; e più in là, trovarono quindici braccia.
29
Temendo allora di dar negli scogli, gettarono da poppa quattro ancore, e sospiravano che facesse giorno.
30
Ma, siccome i marinai meditavano fuggir dalla nave, e avevan messo in mare un battello col pretesto di stendere le ancore, dalla prua,
31
Paolo disse al centurione e a' soldati: «Se costoro non restano sulla nave, voi non potete scampare».
32
Allora i soldati tagliarono le funi del battello, e lo lasciarono cadere.
33
E come si fu all'alba, Paolo esortava tutti a prender cibo, dicendo: «Oggi son quattordici giorni che state aspettando digiuni, senza prender nulla;
34
perciò vi esorto a prender cibo per la vostra salvezza; del resto nessun di voi perderà neppur un capello del capo».
35
Detto così prese del pane, rese grazie a Dio in presenza di tutti, lo spezzò e cominciò a mangiare.
36
Tutti allora si fecero animo e presero anch'essi del cibo.
37
Nella nave eravamo duecentosettantasei persone.
38
E quando si furon saziati di cibo, alleggerirono la nave gettando il frumento in mare.
39
Fattosi giorno, non riconoscevano la terra; ma scòrsero un certo seno che aveva spiaggia, e deliberarono di spingervi la nave, se venisse lor fatto.
40
Quindi, lasciate le ancore e sciolti i legami de' timoni, s'abbandonarono al mare; e alzato l'artimone, secondo il soffiar del vento, tiravano al lido.
41
Ma, avendo dato in una punta di terra che aveva il mare dai due lati, arenarono; e mentre la prua, affondatasi, stava immobile, la poppa si sfasciava sotto i colpi del mare.
42
Il parere de' soldati era d'uccidere i prigionieri affinché nessuno scappasse a nuoto.
43
Ma il centurione, che voleva salvar Paolo, mandò a vuoto quel disegno, ordinando che quanti sapevano nuotare si gettassero giù i primi e andassero a terra;
44
gli altri poi li portarono parte su tavole, e parte su rottami della nave. E così avvenne che tutti si salvarono a terra.
Capitolo 28
Il naufragio di S. Paolo
A Roma: 4º viaggio. Paolo prigioniero verso Roma. Anno 59 d.C. (o 60 d.C.).
Paolo a Malta.
1
- Dopo che fummo così scampati, sapemmo che l'isola si chiamava Malta. I barbari ci trattarono con umanità non comune.
2
Di fatto, acceso un gran fuoco, ci ristorarono tutti dalla pioggia che cadeva e dal freddo.
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Avendo poi Paolo raccolto de' sermenti e messili sul fuoco, una vipera uscì fuori, per il calore, e gli s'attaccò alla mano.