Capitolo 23, versetto 33 - Capitolo 26, versetto 13
33
E quelli, giunti a Cesarea, consegnarono la lettera al governatore e gli presentarono anche Paolo.
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Il governatore, com'ebbe letta la lettera, domandò a Paolo di qual provincia fosse; e udito che era di Cilicia,
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disse: «T'ascolterò quando saranno arrivati anche i tuoi accusatori». E ordinò che fosse custodito nel pretorio di Erode.
Capitolo 24
A Roma: Nerone. Difese di Paolo 58 - 60 d.C.
Paolo dinanzi a Felice.
1
- Di lì a cinque giorni, venne il sommo sacerdote Anania con alcuni anziani e un oratore, certo Tertullo; e comparvero dinanzi al governatore per accusar Paolo.
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Fatto venir Paolo, Tertullo cominciò così l'accusa: «La molta pace che in grazia tua godiamo, e le riforme ispirate dalla tua avvedutezza,
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noi, o eccellentissimo Felice, in tutto e per tutto riconosciamo con viva gratitudine.
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Or, per non trattenerti troppo a lungo, ti prego d'ascoltarci, nella tua equità, brevemente.
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Noi abbiamo quest'uomo pestifero, suscitatore di sedizioni fra tutti i Giudei del mondo intero, e capo sedizioso della setta dei Nazareni;
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egli ha perfin tentato di profanare il tempio; sicchè noi, avendolo preso, volevamo giudicarlo secondo la nostra legge.
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Ma il tribuno Lisia, sopraggiunto, lo strappò con grande violenza dalle nostre mani,
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ordinando a' suoi accusatori di venire da te: e tu, interrogandolo, potrai da lui essere informato di tutte le cose delle quali noi lo accusiamo».
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I Giudei s'unirono anch'essi, dicendo che le cose stavano proprio così.
10
E Paolo, dopo che il governatore gli ebbe fatto segno di parlare, rispose: «Siccome so che da molti anni tu governi questa nazione, con maggior fiducia parlo in mia difesa.
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Tu puoi accertarti sicuramente, che non son più di dodici giorni da che salii a Gerusalemme per adorare.
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E non m'han veduto, o nel tempio o nelle sinagoghe o in città, discutere con alcuno, né fare adunata di popolo;
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e non possono provarti le cose delle quali ora mi accusano.
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Io però ti confesso, che, seguendo la dottrina che essi chiamano setta, io servo il Dio de' padri, credo tutto ciò che è scritto nella Legge e ne' Profeti,
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e ho in Dio la speranza che ci sarà quella risurrezione de' giusti e degl'ingiusti che essi pure aspettano.
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Per questo io mi studio di conservar sempre incontaminata la coscienza dinanzi a Dio e agli uomini.
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Or dopo molti anni sono venuto a portar limosine per la mia nazione e a offrir sacrifizi.
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Così m'hanno visto purificato nel tempio, senza radunata di gente e senza tumulto.
19
Quei tali Giudei dell'Asia, che pur dovevano comparire davanti a te ed accusarmi, se avessero qualche cosa contro di me,
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oppure questi stessi dicano se m'han trovato in colpa quando fui davanti al Sinedrio;
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a meno che non mi si voglia far carico di quella parola che m'uscì stando in mezzo a loro: -Io son oggi giudicato da voi sulla risurrezione de' morti-».
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Felice, che ben sapeva di questa dottrina, rimandò la causa ad altro giorno dicendo: «Quando sarà venuto il tribuno Lisia, allora v'ascolterò».
23
E dette ordine al centurione di tener Paolo in custodia, lasciandogli qualche sollievo, né si vietasse ad alcuno dei suoi di assisterlo.
24
Qualche giorno dopo, venne Felice con Drusilla sua moglie, che era giudea, e, mandato a chiamar Paolo, lo volle sentir parlare della fede in Cristo
Gesù.
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Ma quando Paolo entrò a parlar di giustizia, di continenza, e del futuro giudizio, Felice atterrito disse: «Per adesso va' pure; a miglior tempo ti manderò a chiamare».
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Egli sperava nello stesso tempo che Paolo gli avrebbe dato del denaro; perciò lo mandava spesso a chiamare per discorrere con lui.
27
Passati due anni, Felice ebbe per successore Porzio Festo; il quale, volendo entrar nelle grazie de' Giudei, lasciò Paolo in prigione.
Capitolo 25
A Roma: Nerone. Difese di Paolo 58 - 60 d.C.
Paolo dinanzi a Festo.
1
- Festo pertanto, essendo giunto nella provincia, dopo tre giorni salì da Cesarea a Gerusalemme.
2
E i capi dei sacerdoti e i più ragguardevoli de' Giudei gli si presentarono contro Paolo; e lo pregavano,
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chiedendogli in grazia che lo facesse venire a Gerusalemme; intanto gli avrebbero teso insidie per ucciderlo lungo la via.
4
Ma Festo rispose che Paolo era tenuto in custodia a Cesarea, dove egli stesso sarebbe tornato fra breve.
5
«Quelli dunque di voi», diss'egli «che hanno autorità di farlo, vengano con me, e lo accusino, se alcun delitto è in quest'uomo».
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Rimasto non più di otto o dieci giorni tra loro, ridiscese a Cesarea; e il giorno appresso, sedendo in tribunale, comandò che Paolo fosse condotto.
7
Venuto, i Giudei, che eran discesi da Gerusalemme, lo circondarono, movendogli molte e gravi accuse che non potevano provare,
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mentre Paolo si difendeva: «Io non ho fatto nulla di male né contro la legge de' Giudei, né contro il tempio, né contro Cesare».
9
Ma Festo, volendo entrar nelle grazie de' Giudei, chiese a Paolo: «Vuoi tu salire a Gerusalemme, ed esservi giudicato di queste cose in mia presenza?».
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Ma Paolo rispose: «Io sto al tribunale di Cesare, e qui mi si deve giudicare. A' Giudei non ho fatto torto, come tu sai molto bene.
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Dato ch'io sia colpevole e abbia fatto cosa degna di morte, non ricuso di morire; ma se nelle accuse di costoro non c'è nulla di vero, nessuno mi può donare ad essi. Mi appello a Cesare!».
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Allora Festo, conferito col suo consiglio, rispose: «Ti sei appellato a Cesare? A Cesare andrai».
Paolo dinanzi ad Agrippa.
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Passati alcuni giorni, il re Agrippa e Berenice arrivarono a Cesarea per salutare Festo.
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Ed essendosi trattenuti vari giorni, Festo parlò di Paolo al re, dicendo: «È qui un cert'uomo, lasciato in prigione da Felice.
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Quando fui a Gerusalemme, vennero i capi dei sacerdoti e gli anziani, chiedendo la sua condanna.
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Risposi loro che non era usanza de' Romani di condannare un uomo, prima che l'accusato si trovi in faccia degli accusatori, e abbia modo di difendersi dall'accusa.
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Quindi, essi vennero qua, e io, senza indugio, il giorno appresso, sedendo in tribunale, comandai che quell'uomo mi fosse menato innanzi.
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I suoi accusatori, presentatisi, non gli attribuivano alcun delitto di quelli ch'io sospettavo;
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avevan solo contro di lui certe quistioni riguardanti la loro particolare superstizione e un certo Gesù morto, che Paolo affermava esser vivente.
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E stando io in dubbio sulla faccenda, gli proposi se voleva andar a Gerusalemme ed esservi giudicato di queste cose.
21
Ma, essendosi Paolo appellato per esser riservato al giudizio d'Augusto, io comandai fosse tenuto in custodia finchè lo mandassi a Cesare».
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E Agrippa disse a Festo: «Vorrei udirlo anch'io codest'uomo». Quello rispose: «Domani l'udrai».
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Il giorno appresso, Agrippa e Berenice vennero in gran pompa, e, entrati nella sala d'udienza coi tribuni e co' notabili della città, Paolo, per ordine di Festo, fu menato innanzi.
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E Festo disse: «Re Agrippa, e tutti che siete qui presenti, voi vedete quest'uomo contro il quale tutta la moltitudine de' Giudei s'è rivolta a me in Gerusalemme, gridando non esser più degno di vivere.
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Io però ho riconosciuto che non ha fatto nulla che meriti la morte; e siccome egli stesso s'è appellato ad Augusto, io ho deciso di mandarlo.
26
Ma non ho nulla di ben certo da scriverne al sovrano; perciò l'ho fatto venire davanti a voi, e principalmente davanti a te, o re Agrippa, affinché, dopo questo esame, io abbia qualcosa da scrivere.
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Sembra infatti del tutto fuor di ragione mandare un carcerato senza dirle accuse contro di lui».
Capitolo 26
A Roma: Nerone. Difese di Paolo 58 - 60 d.C.
Ultimo discorso di Paolo.
1
- E Agrippa disse a Paolo: «Puoi parlare in tua difesa». Allora Paolo, stesa la mano, cominciò in tal modo a difendersi:
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«Re Agrippa, io ho la fortuna di potermi oggi difendere davanti a te di tutte le accuse che mi fanno i Giudei,
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specialmente perché tu hai conoscenza de' riti e delle quistioni che s'agitano tra i Giudei; perciò ti prego d'ascoltarmi con pazienza.
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Qual vita io abbia menata fin dalla giovinezza in seno alla mia nazione a Gerusalemme, tutti i Giudei lo sanno:
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conoscono da gran tempo, se pur vogliono renderne testimonianza, ch'io son vissuto a principio da Fariseo, secondo la più rigida setta della nostra religione.
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E ora sto sottoposto a giudizio per la speranza che ho nella promessa fatta da Dio a' nostri padri;
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della quale le nostre dodici tribù, servendo a Dio giorno e notte, aspettano il compimento. Per questa speranza, o re, sono accusato da' Giudei!
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E sembra a voi incredibile che Dio risusciti i morti?
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Io pure credetti di oppormi di viva forza al nome di Gesù il Nazareno;
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e lo feci in Gerusalemme, dove, avutone il potere da' capi dei sacerdoti, chiusi nelle prigioni molti santi; e quando eran messi a morte, diedi il mio voto.
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Spesso, per tutte le sinagoghe, a forza di castighi li costrinsi a bestemmiare; e, sempre più infuriando contro di loro, li perseguitai fin nelle città straniere.
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Mentre a tale scopo mi recavo a Damasco con potere e per commissione de' capi dei sacerdoti,
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di mezzo giorno, lungo la strada, io vidi, o re, una luce più splendente del sole, la quale dal cielo lampeggiò intorno a me e a quelli che eran meco.