Atti degli apostoli

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[...]   Poi, risalito che fu, spezzò il pane e prese cibo; e così trattenendosi a parlare, quando fu all'alba partì.   [...]

Atti degli apostoli: capitolo 20, versetto 11

Capitolo 25, versetto 7 - Capitolo 26, versetto 1

7 Venuto, i Giudei, che eran discesi da Gerusalemme, lo circondarono, movendogli molte e gravi accuse che non potevano provare,
8 mentre Paolo si difendeva: «Io non ho fatto nulla di male né contro la legge de' Giudei, né contro il tempio, né contro Cesare».
9 Ma Festo, volendo entrar nelle grazie de' Giudei, chiese a Paolo: «Vuoi tu salire a Gerusalemme, ed esservi giudicato di queste cose in mia presenza?».
10 Ma Paolo rispose: «Io sto al tribunale di Cesare, e qui mi si deve giudicare. A' Giudei non ho fatto torto, come tu sai molto bene.
11 Dato ch'io sia colpevole e abbia fatto cosa degna di morte, non ricuso di morire; ma se nelle accuse di costoro non c'è nulla di vero, nessuno mi può donare ad essi. Mi appello a Cesare!».
12 Allora Festo, conferito col suo consiglio, rispose: «Ti sei appellato a Cesare? A Cesare andrai».
Paolo dinanzi ad Agrippa.
13 Passati alcuni giorni, il re Agrippa e Berenice arrivarono a Cesarea per salutare Festo.
14 Ed essendosi trattenuti vari giorni, Festo parlò di Paolo al re, dicendo: «È qui un cert'uomo, lasciato in prigione da Felice.
15 Quando fui a Gerusalemme, vennero i capi dei sacerdoti e gli anziani, chiedendo la sua condanna.
16 Risposi loro che non era usanza de' Romani di condannare un uomo, prima che l'accusato si trovi in faccia degli accusatori, e abbia modo di difendersi dall'accusa.
17 Quindi, essi vennero qua, e io, senza indugio, il giorno appresso, sedendo in tribunale, comandai che quell'uomo mi fosse menato innanzi.
18 I suoi accusatori, presentatisi, non gli attribuivano alcun delitto di quelli ch'io sospettavo;
19 avevan solo contro di lui certe quistioni riguardanti la loro particolare superstizione e un certo Gesù morto, che Paolo affermava esser vivente.
20 E stando io in dubbio sulla faccenda, gli proposi se voleva andar a Gerusalemme ed esservi giudicato di queste cose.
21 Ma, essendosi Paolo appellato per esser riservato al giudizio d'Augusto, io comandai fosse tenuto in custodia finchè lo mandassi a Cesare».
22 E Agrippa disse a Festo: «Vorrei udirlo anch'io codest'uomo». Quello rispose: «Domani l'udrai».
23 Il giorno appresso, Agrippa e Berenice vennero in gran pompa, e, entrati nella sala d'udienza coi tribuni e co' notabili della città, Paolo, per ordine di Festo, fu menato innanzi.
24 E Festo disse: «Re Agrippa, e tutti che siete qui presenti, voi vedete quest'uomo contro il quale tutta la moltitudine de' Giudei s'è rivolta a me in Gerusalemme, gridando non esser più degno di vivere.
25 Io però ho riconosciuto che non ha fatto nulla che meriti la morte; e siccome egli stesso s'è appellato ad Augusto, io ho deciso di mandarlo.
26 Ma non ho nulla di ben certo da scriverne al sovrano; perciò l'ho fatto venire davanti a voi, e principalmente davanti a te, o re Agrippa, affinché, dopo questo esame, io abbia qualcosa da scrivere.
27 Sembra infatti del tutto fuor di ragione mandare un carcerato senza dirle accuse contro di lui».
Capitolo 26
A Roma: Nerone. Difese di Paolo 58 - 60 d.C.
Ultimo discorso di Paolo.
1 - E Agrippa disse a Paolo: «Puoi parlare in tua difesa». Allora Paolo, stesa la mano, cominciò in tal modo a difendersi: