Capitolo 26, versetti 2-13
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«Re Agrippa, io ho la fortuna di potermi oggi difendere davanti a te di tutte le accuse che mi fanno i Giudei,
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specialmente perché tu hai conoscenza de' riti e delle quistioni che s'agitano tra i Giudei; perciò ti prego d'ascoltarmi con pazienza.
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Qual vita io abbia menata fin dalla giovinezza in seno alla mia nazione a Gerusalemme, tutti i Giudei lo sanno:
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conoscono da gran tempo, se pur vogliono renderne testimonianza, ch'io son vissuto a principio da Fariseo, secondo la più rigida setta della nostra religione.
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E ora sto sottoposto a giudizio per la speranza che ho nella promessa fatta da Dio a' nostri padri;
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della quale le nostre dodici tribù, servendo a Dio giorno e notte, aspettano il compimento. Per questa speranza, o re, sono accusato da' Giudei!
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E sembra a voi incredibile che Dio risusciti i morti?
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Io pure credetti di oppormi di viva forza al nome di
Gesù il Nazareno;
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e lo feci in Gerusalemme, dove, avutone il potere da' capi dei sacerdoti, chiusi nelle prigioni molti santi; e quando eran messi a morte, diedi il mio voto.
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Spesso, per tutte le sinagoghe, a forza di castighi li costrinsi a bestemmiare; e, sempre più infuriando contro di loro, li perseguitai fin nelle città straniere.
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Mentre a tale scopo mi recavo a Damasco con potere e per commissione de' capi dei sacerdoti,
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di mezzo giorno, lungo la strada, io vidi, o re, una luce più splendente del sole, la quale dal cielo lampeggiò intorno a me e a quelli che eran meco.