Capitolo 27, versetto 9 - Capitolo 28, versetto 24
9
Passato così molto tempo, e il navigar facendosi sempre più pericoloso, perché era passato il digiuno, Paolo li ammoniva
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dicendo: «Uomini, io vedo che la navigazione riuscirà di danno e perdita grande, non solo del carico e della nave, ma anche delle nostre vite».
11
Ma il centurione credeva più al pilota e al padron della nave che non alle cose dette da Paolo.
12
E siccome quel porto non era adatto a svernare, i più furon di parere di partirne e, se fosse possibile, spingersi fino a Fenice, porto di Creta, che guarda a libeccio e a maestro, e di passarvi l'inverno.
13
Soffiando poi l'australe, credettero d'esser al loro proposito, quindi, tolte le ancore, costeggiavano Creta più da vicino.
Fiera tempesta.
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Ma poco dopo si rovesciò su essa un vento tifonico, che si chiama Euro-Aquilone;
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e siccome la nave era portata via, non potendo resistere al vento, noi la lasciammo andare, trascinati con essa.
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Così, correndo sotto un'isola chiamata Cauda, riuscimmo con gran difficoltà ad assicurarci della scialuppa.
17
Tiratala su, misero in opera i ripari, ricingendo la nave, e, per timore di finir sulla Sirte, ammainarono le vele lasciandosi trasportare.
18
In tal modo, trovandoci fieramente sbattuti dalla tempesta, il giorno appresso cominciarono a far getto del carico;
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e il terzo giorno, con le lor proprie mani buttarono a mare gli attrezzi della nave.
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Più giorni passarono senza veder né sole né stelle; la tempesta infuriava su noi; già perduta era ogni speranza di salvarci.
21
E poiché si stava da un pezzo senza prender cibo, Paolo, ritto in mezzo a quelli, disse: «Uomini, bisognava darmi ascolto, e non partire da Creta; vi sareste risparmiati questo strapazzo e questo danno.
22
Ma ora vi conforto a star di buon animo, giacchè nessuno di voi perirà, e solo la nave andrà perduta.
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Mi è apparso proprio questa notte un angelo di quel Dio, di cui io sono e a cui servo,
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dicendomi: - Paolo, non temere; tu devi comparire dinanzi a Cesare; ed ecco, Dio t'ha fatto dono di tutti quelli che navigano con te.-
25
Perciò, uomini, fatevi animo, perché ho fede in Dio che avverrà così, come m'è stato detto.
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Or ci bisogna d'esser gettati su una qualche isola».
Naufragio.
27
Eravamo alla quattordicesima notte, sbattuti per l'Adriatico, quando verso la mezzanotte i marinai credettero d'esser vicini a qualche terra.
28
Calato lo scandaglio, trovarono venti braccia; e più in là, trovarono quindici braccia.
29
Temendo allora di dar negli scogli, gettarono da poppa quattro ancore, e sospiravano che facesse giorno.
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Ma, siccome i marinai meditavano fuggir dalla nave, e avevan messo in mare un battello col pretesto di stendere le ancore, dalla prua,
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Paolo disse al centurione e a' soldati: «Se costoro non restano sulla nave, voi non potete scampare».
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Allora i soldati tagliarono le funi del battello, e lo lasciarono cadere.
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E come si fu all'alba, Paolo esortava tutti a prender cibo, dicendo: «Oggi son quattordici giorni che state aspettando digiuni, senza prender nulla;
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perciò vi esorto a prender cibo per la vostra salvezza; del resto nessun di voi perderà neppur un capello del capo».
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Detto così prese del pane, rese grazie a Dio in presenza di tutti, lo spezzò e cominciò a mangiare.
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Tutti allora si fecero animo e presero anch'essi del cibo.
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Nella nave eravamo duecentosettantasei persone.
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E quando si furon saziati di cibo, alleggerirono la nave gettando il frumento in mare.
39
Fattosi giorno, non riconoscevano la terra; ma scòrsero un certo seno che aveva spiaggia, e deliberarono di spingervi la nave, se venisse lor fatto.
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Quindi, lasciate le ancore e sciolti i legami de' timoni, s'abbandonarono al mare; e alzato l'artimone, secondo il soffiar del vento, tiravano al lido.
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Ma, avendo dato in una punta di terra che aveva il mare dai due lati, arenarono; e mentre la prua, affondatasi, stava immobile, la poppa si sfasciava sotto i colpi del mare.
42
Il parere de' soldati era d'uccidere i prigionieri affinché nessuno scappasse a nuoto.
43
Ma il centurione, che voleva salvar Paolo, mandò a vuoto quel disegno, ordinando che quanti sapevano nuotare si gettassero giù i primi e andassero a terra;
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gli altri poi li portarono parte su tavole, e parte su rottami della nave. E così avvenne che tutti si salvarono a terra.
Capitolo 28
Il naufragio di S. Paolo
A Roma: 4º viaggio. Paolo prigioniero verso Roma. Anno 59 d.C. (o 60 d.C.).
Paolo a Malta.
1
- Dopo che fummo così scampati, sapemmo che l'isola si chiamava Malta. I barbari ci trattarono con umanità non comune.
2
Di fatto, acceso un gran fuoco, ci ristorarono tutti dalla pioggia che cadeva e dal freddo.
3
Avendo poi Paolo raccolto de' sermenti e messili sul fuoco, una vipera uscì fuori, per il calore, e gli s'attaccò alla mano.
4
E quando i barbari videro la bestia pendergli dalla mano, dicevan tra loro: «Di certo, egli è un omicida quest'uomo, perché, sebbene scampato dal mare, la giustizia divina non lo lascia vivere».
5
Ma egli, scossa la bestia nel fuoco, non ne risentì male alcuno.
6
Coloro intanto s'aspettavano ch'egli dovesse gonfiarsi e cader morto a un tratto; ma, dopo che ebbero aspettato a lungo e visto che nessun male gliene veniva, mutarono parere, sino al punto di dire che era un Dio.
7
In que' dintorni aveva i suoi poderi il principale dell'isola, di nome Publio, il quale ci accolse e ci ospitò tre giorni amorevolmente.
8
Or avvenne che il padre di questo Publio stava a letto, malato di febbre, e di dissenteria. Paolo entrò da lui, e, dopo aver pregato gli impose le mani e lo guarì.
9
Visto questo, anche tutti quelli che avevano delle infermità nell'isola, vennero e furono guariti.
10
Tutti ci fecero grandi onori; e quando si fu sul partire, ci fornirono delle cose necessarie.
Verso Roma.
11
Dopo tre mesi c'imbarcammo sopra una nave alessandrina, che aveva svernato nell'isola e portava l'insegna dei Càstori.
12
Arrivati a Siracusa, vi restammo tre giorni.
13
Di lì, costeggiando, arrivammo a Reggio, e il giorno dopo spirò l'Austro, e giungemmo a Pozzuoli il secondo giorno.
14
Colà, avendo trovato de' fratelli, essi ci pregarono di rimanere preso di loro sette giorni; quindi movemmo per Roma.
15
Di là i fratelli, avendone avuto notizia, ci vennero incontro sino al Foro d'Appio e alle Tre Taverne; e Paolo, quando gli ebbe veduti, ringraziò Dio e prese fiducia.
Paolo a Roma.
16
E pervenuti che fummo a Roma, a Paolo fu permesso d'abitar da sè, con un soldato che gli faceva la guardia.
17
Tre giorni dopo, Paolo convocò i principali Giudei; e, quando furon venuti, disse loro: «Fratelli, io, senza aver fatto nulla né contro il popolo né contro le consuetudini de' padri, fui preso a Gerusalemme, e dato in man de' Romani.
18
I quali dopo avermi esaminato, volevano rilasciarmi, perché nessuna colpa era in me degna di morte.
19
Ma i Giudici vi si opposero, e io fui costretto ad appellarmi a Cesare, senza che in me fosse alcun pensiero d'accusar la mia nazione.
20
Per questo motivo ho chiesto di vedervi e di parlarvi: giacchè per la speranza d'Israele io sono avvinto da questa catena».
21
Quelli gli risposero: «Noi non abbiamo ricevuto sul tuo conto lettere dalla Giudea, né è venuto alcuno dei fratelli a riferire o a dir male di te.
22
Vorremmo però sentire da te come la pensi; perché ci è noto, di codesta setta, che da per tutto suscita opposizione».
23
E fissatogli il giorno vennero da lui in molti all'albergo; ed egli da mattina a sera esponeva le cose a testimonianza del regno di Dio, e con la legge di Mosè e con i profeti cercava persuaderli di
Gesù.
24
E alcuni credettero alle cose dette; altri, invece, non credettero.