Capitolo 27, versetto 9 - Capitolo 28, versetto 5
9
Passato così molto tempo, e il navigar facendosi sempre più pericoloso, perché era passato il digiuno, Paolo li ammoniva
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dicendo: «Uomini, io vedo che la navigazione riuscirà di danno e perdita grande, non solo del carico e della nave, ma anche delle nostre vite».
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Ma il centurione credeva più al pilota e al padron della nave che non alle cose dette da Paolo.
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E siccome quel porto non era adatto a svernare, i più furon di parere di partirne e, se fosse possibile, spingersi fino a Fenice, porto di Creta, che guarda a libeccio e a maestro, e di passarvi l'inverno.
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Soffiando poi l'australe, credettero d'esser al loro proposito, quindi, tolte le ancore, costeggiavano Creta più da vicino.
Fiera tempesta.
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Ma poco dopo si rovesciò su essa un vento tifonico, che si chiama Euro-Aquilone;
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e siccome la nave era portata via, non potendo resistere al vento, noi la lasciammo andare, trascinati con essa.
16
Così, correndo sotto un'isola chiamata Cauda, riuscimmo con gran difficoltà ad assicurarci della scialuppa.
17
Tiratala su, misero in opera i ripari, ricingendo la nave, e, per timore di finir sulla Sirte, ammainarono le vele lasciandosi trasportare.
18
In tal modo, trovandoci fieramente sbattuti dalla tempesta, il giorno appresso cominciarono a far getto del carico;
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e il terzo giorno, con le lor proprie mani buttarono a mare gli attrezzi della nave.
20
Più giorni passarono senza veder né sole né stelle; la tempesta infuriava su noi; già perduta era ogni speranza di salvarci.
21
E poiché si stava da un pezzo senza prender cibo, Paolo, ritto in mezzo a quelli, disse: «Uomini, bisognava darmi ascolto, e non partire da Creta; vi sareste risparmiati questo strapazzo e questo danno.
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Ma ora vi conforto a star di buon animo, giacchè nessuno di voi perirà, e solo la nave andrà perduta.
23
Mi è apparso proprio questa notte un angelo di quel Dio, di cui io sono e a cui servo,
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dicendomi: - Paolo, non temere; tu devi comparire dinanzi a Cesare; ed ecco, Dio t'ha fatto dono di tutti quelli che navigano con te.-
25
Perciò, uomini, fatevi animo, perché ho fede in Dio che avverrà così, come m'è stato detto.
26
Or ci bisogna d'esser gettati su una qualche isola».
Naufragio.
27
Eravamo alla quattordicesima notte, sbattuti per l'Adriatico, quando verso la mezzanotte i marinai credettero d'esser vicini a qualche terra.
28
Calato lo scandaglio, trovarono venti braccia; e più in là, trovarono quindici braccia.
29
Temendo allora di dar negli scogli, gettarono da poppa quattro ancore, e sospiravano che facesse giorno.
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Ma, siccome i marinai meditavano fuggir dalla nave, e avevan messo in mare un battello col pretesto di stendere le ancore, dalla prua,
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Paolo disse al centurione e a' soldati: «Se costoro non restano sulla nave, voi non potete scampare».
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Allora i soldati tagliarono le funi del battello, e lo lasciarono cadere.
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E come si fu all'alba, Paolo esortava tutti a prender cibo, dicendo: «Oggi son quattordici giorni che state aspettando digiuni, senza prender nulla;
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perciò vi esorto a prender cibo per la vostra salvezza; del resto nessun di voi perderà neppur un capello del capo».
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Detto così prese del pane, rese grazie a Dio in presenza di tutti, lo spezzò e cominciò a mangiare.
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Tutti allora si fecero animo e presero anch'essi del cibo.
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Nella nave eravamo duecentosettantasei persone.
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E quando si furon saziati di cibo, alleggerirono la nave gettando il frumento in mare.
39
Fattosi giorno, non riconoscevano la terra; ma scòrsero un certo seno che aveva spiaggia, e deliberarono di spingervi la nave, se venisse lor fatto.
40
Quindi, lasciate le ancore e sciolti i legami de' timoni, s'abbandonarono al mare; e alzato l'artimone, secondo il soffiar del vento, tiravano al lido.
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Ma, avendo dato in una punta di terra che aveva il mare dai due lati, arenarono; e mentre la prua, affondatasi, stava immobile, la poppa si sfasciava sotto i colpi del mare.
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Il parere de' soldati era d'uccidere i prigionieri affinché nessuno scappasse a nuoto.
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Ma il centurione, che voleva salvar Paolo, mandò a vuoto quel disegno, ordinando che quanti sapevano nuotare si gettassero giù i primi e andassero a terra;
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gli altri poi li portarono parte su tavole, e parte su rottami della nave. E così avvenne che tutti si salvarono a terra.
Capitolo 28
Il naufragio di S. Paolo
A Roma: 4º viaggio. Paolo prigioniero verso Roma. Anno 59 d.C. (o 60 d.C.).
Paolo a Malta.
1
- Dopo che fummo così scampati, sapemmo che l'isola si chiamava Malta. I barbari ci trattarono con umanità non comune.
2
Di fatto, acceso un gran fuoco, ci ristorarono tutti dalla pioggia che cadeva e dal freddo.
3
Avendo poi Paolo raccolto de' sermenti e messili sul fuoco, una vipera uscì fuori, per il calore, e gli s'attaccò alla mano.
4
E quando i barbari videro la bestia pendergli dalla mano, dicevan tra loro: «Di certo, egli è un omicida quest'uomo, perché, sebbene scampato dal mare, la giustizia divina non lo lascia vivere».
5
Ma egli, scossa la bestia nel fuoco, non ne risentì male alcuno.