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il quale era col proconsole Sergio Paolo, uomo di molto senno. Costui, chiamati a sé Barnaba e Saulo, chiese d'udir la parola di Dio.
Allora Saulo, chiamato anche Paolo, acceso di Spirito Santo, fissandolo in viso,
Or Paolo e i suoi compagni, imbarcatisi a Pafo, arrivarono a Perge di Panfilia; ma, Giovanni, separatosi da loro, ritornò a Gerusalemme.
Allora Paolo, alzatosi e fatto cenno con la mano, disse: «Uomini d'Israele, e voi che temete Dio, ascoltate.
Sciolta che fu poi l'adunanza, molti dei Giudei e de' proseliti pii seguirono Paolo e Barnaba; i quali, con calde parole, li persuasero a perseverare nella grazia di Dio.
Ma i Giudei, vista la gran folla, furon ripieni di zelo, e, bestemmiando, contradicevano alle cose dette da Paolo.
Allora Paolo e Barnaba dissero risolutamente: «Era necessario che a voi per primi si annunciasse la parola di Dio; ma, poiché la respingete e vi fate indegni della vita eterna, ecco noi ci volgiamo ai Gentili;
Ma i Giudei istigarono donne religiose e ragguardevoli e i maggiori della città, e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Barnaba, e li scacciarono dalle loro contrade.
Anch'egli udì Paolo che predicava, e che fissati in lui gli occhi e vedendo che aveva fede da esser guarito,
Allora la folla, visto quel che Paolo aveva fatto, alzò la voce, dicendo in lingua licaonica: «Gli dèi han preso forma umana, e son discesi fino a noi».
E Barnaba chiamavano Giove, Paolo invece Mercurio, essendo egli il primo a parlare.
Ma gli apostoli Barnaba e Paolo, udito ciò, si stracciaron le vesti, e si gettarono in mezzo alla folla, gridando:
Ma giunsero ad Antiochia e da Iconio certi Giudei, che sobillarono le turbe; le quali lapidarono Paolo e lo trascinarono fuori della città, credendo che fosse morto.
Essendosi acceso un contrasto non piccolo tra Paolo e Barnaba contro costoro, fu deciso che Paolo e Barnaba e alcuni dell'altra parte, salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tal quistione.
Tutta la moltitudine tacque; e si diedero ad ascoltar Barnaba e Paolo, che narravano quanti miracoli e prodigi Dio avesse fatti per mezzo loro tra' Gentili.
Allora parve bene agli apostoli e agli anziani con tutta la Chiesa, di scegliere alcuni uomini tra loro, e mandarli ad Antiochia con Paolo e Barnaba: furono Giuda, soprannominato Barsaba, e Sila, uomini de' primi tra' fratelli;
è parso bene a noi, radunati d'un sol volere, di scegliere degli uomini e mandarveli insieme con i carissimi nostri Barnaba e Paolo,
Paolo e Barnaba rimasero anch'essi in Antiochia, insegnando e annunziando, insieme con molti altri, la parola del Signore.
E dopo alcuni giorni, Paolo disse a Barnaba: «Torniamo a visitare i fratelli in tutte le città dove abbiamo annunziato la parola del Signore, e veder come si comportano».
ma Paolo giudicava non dovessero prendersi per compagno uno che s'era partito da essi nella Panfilia, lasciandoli soli a quell'opera.
mentre Paolo, sceltosi a compagno Sila, partì, raccomandato da' fratelli alla grazia di Dio,
Paolo lo volle con sé; e, presolo, lo fece circoncidere, per cagione dei Giudei che erano in que' luoghi; essi già sapevano che il padre di lui era greco.
E una notte Paolo ebbe questa visione: un uomo della Macedonia gli apparve, supplicandolo e dicendo: «Passa in Macedonia, e soccorrici».
Una di loro, per nome Lidia, della città di Tiatira, che vendeva la porpora ed era timorata di Dio, stava ad ascoltarci; e il Signore le aprì il cuore per ricevere le cose dette da Paolo.
E si mise a seguir Paolo e noi, gridando: «Questi uomini son servi di Dio Altissimo, e vi annunziano la via della salvezza!».
Fece così per molti giorni; alla fine Paolo fu preso da sdegno, e si voltò, e disse allo spirito: «Nel nome di Gesù Cristo ti comando, che tu esca da costei!». E, d'un subito, uscì.
Ma i padroni di lei, vedendo che la speranza del loro guadagno era svanita, presero Paolo e Sila, e, conducendoli nel foro da' magistrati,
Ma a mezzanotte Paolo e Sila, pregando, cantavano inni a Dio; e i carcerati li udivano.
Ma Paolo gridò ad alta voce: «Non ti far male alcuno, perché tutti quanti siam qui».
Colui, chiesto un lume, saltò dentro, e tutto tremante si gettò a' piedi di Paolo e di Sila;
E il carceriere ne informò Paolo, dicendo: «I giudici han mandato a liberarvi; uscite, dunque, e andatevene in pace».
Ma Paolo disse loro: «Battuti in pubblico e senza processo, noi che siamo Romani, ci hanno messi in prigione; e ora ci mandan via di nascosto? Ah, no! Vengano
e Paolo, secondo che era sua usanza, entrò da loro, e per tre sabati ragionò con loro delle Scritture,
E alcuni di loro credettero, e s'unirono a Paolo e Sila; come pur fecero un gran numero di proseliti e di Gentili e non poche donne nobili.
E i fratelli, subito nella notte, fecero partire Paolo e Sila per Berea; dove, appena giunti, andarono alla sinagoga de' Giudei.
Ma quando i Giudei di Tessalonica ebbero inteso che Paolo annunziava la parola di Dio anche in Berea, corsero anche là ad agitare ed eccitare le turbe.
Allora i fratelli indussero Paolo a partir subito, andando verso il mare; ma Sila e Timoteo rimasero colà.
E quelli che accompagnavano Paolo, lo condussero fino ad Atene; e, ricevuto da lui l'incarico di dire a Sila e a Timoteo di raggiungerlo al più presto, se ne ritornarono.
Or mentre Paolo li aspettava in Atene, sentivasi dentro nell'anima indignato a veder la città dedita all'idolatria.
E Paolo, ritto in piedi in mezzo all'Areopago, disse: «Ateniesi, io veggo voi in tutto e per tutto singolarmente religiosi.
Così Paolo uscì di mezzo a loro.
- Dopo queste cose, Paolo, partitosi da Atene, venne a Corinto.
Ma, venuti che furono Sila e Timoteo dalla Macedonia, Paolo si diè tutto alla predicazione, testimoniando a' Giudei che Gesù era il Cristo.
E il Signore, di notte in visione, disse a Paolo: «Non temere, ma parla e non tacere;
Così Paolo si fermò a Corinto un anno e sei mesi, insegnando a tutti la parola di Dio.
Essendo poi Gallione proconsole dell'Acaia, i Giudei tutti d'accordo insorsero contro Paolo, e lo menarono al tribunale,
E come Paolo era lì pronto a parlare, Gallione disse a' Giudei: «Se si trattasse di qualche delitto, di qualche grave misfatto, io, o Giudei, vi darei ascolto come ragion vuole;
Paolo rimase là molti giorni ancora, e dopo, preso commiato da' fratelli, s'imbarcò per la Siria, con Priscilla ed Aquila, fattosi tagliare i capelli a Cenerea, perché aveva un voto.
e siccome questi lo pregavano di fermarsi più a lungo, Paolo non acconsentì;
- Mentre Apollo era a Corinto, Paolo, dopo aver percorse le province superiori, venne a Efeso; e, trovativi alcuni discepoli,
E Paolo: «Che battesimo avete dunque ricevuto?». E quelli: «Il battesimo di Giovanni».
Allora Paolo disse: «Giovanni battezzò il popolo col battesimo di penitenza, dicendo che credessero in colui che stava per venire dopo di lui, cioè in Gesù».
e, dopo che Paolo ebbe loro imposte le mani, lo Spirito Santo scese su di loro, e parlavano in altre lingue e profetavano.
E Dio operava miracoli straordinari per mano di Paolo;
E anche alcuni de' girovaghi esorcisti giudei si provarono a invocare il nome del Signore Gesù sopra di quelli che avevano degli spiriti cattivi, dicendo: «Io vi scongiuro per quel Gesù predicato da Paolo».
Ma lo spirito maligno dette questa risposta: «Conosco Gesù, e so chi è Paolo; ma voi chi siete?».
Dopo questi fatti, Paolo stabilì in ispirito d'andare a Gerusalemme, passando per la Macedonia e l'Acaia. «Quando sarò stato là, diceva, bisogna ch'io veda anche Roma».
ora vedete e udite che questo Paolo sta persuadendo e sviando la moltitudine, non solo in Efeso ma in quasi tutta l'Asia, dicendo che quelli fatti con le mani non son dèi.
La città fu ripiena di confusione, e tutti d'accordo fecero impeto nel teatro, trascinandovi Gaio e Aristarco, macedoni, compagni di Paolo.
Anche Paolo voleva presentarsi al popolo, ma lo trattennero i discepoli.
- Cessato che fu il tumulto, Paolo fece chiamare i discepoli, e, dopo averli esortati, disse loro addio e si partì per andare in Macedonia.
E nel primo giorno della settimana, essendoci radunati per spezzare il pane, Paolo, dovendo partire il giorno di poi, s'intrattenne co' discepoli e prolungò il discorso fino a mezzanotte.
e un giovinetto, per nome Eutico, postosi a sedere sulla finestra, mentre Paolo tirava il suo dire in lungo, fu preso da forte sonnolenza, e, vinto dal sonno, cadde giù dal terzo piano e fu levato da terra morto.
E Paolo, sceso a basso, si gettò su lui, e, abbracciatolo, disse: «Non v'affannate; l'anima sua è in lui!».
Noi intanto, entrati in nave, facemmo vela per Asson, a fin di riunirci con Paolo; poiché così aveva determinato, volendo egli fare quel viaggio per terra.
poiché Paolo aveva stabilito di passar oltre Efeso, a evitare d'esser trattenuto in Asia: gli premeva, se fosse possibile, di trovarsi a Gerusalemme per il giorno della Pentecoste.
e il pianto di tutti fu grande; tutti poi, gettatisi al collo di Paolo, lo baciavano,
Vi rimanemmo sette giorni, avendo là trovati dei discepoli; i quali in virtù dello Spirito dicevano a Paolo di non salire a Gerusalemme.
il quale, venuto da noi, prese la cintura di Paolo, se ne legò i piedi e le mani, e disse: «Ecco quel che afferma lo Spirito Santo: - In quel modo legheranno i Giudei a Gerusalemme l'uomo di cui è questa cintura, e lo daranno nelle mani de' Gentili -».
Ed il giorno dopo, Paolo si recò con noi da Giacomo; e ci si trovarono tutti gli anziani.
Paolo, dopo averli salutati, raccontò loro a una a una le cose che Dio aveva fatte per suo ministero tra' Gentili.
Allora Paolo prese con sé quegli uomini, e il giorno seguente, dopo essersi purificato con loro, entrò nel tempio per annunziare il compimento de' giorni della purificazione, fino a che si offrisse l'oblazione per ciascun di loro.
Essi, di fatto, avevano già visto andar con lui Trofimo d'Efeso per la città, e pensavano che Paolo l'avesse fatto entrare nel tempio.
Tutta la città fu in rumore, e il popolo accorreva. Preso Paolo, lo trascinarono fuori; e le porte del tempio furon subito chiuse.
D'un subito, egli prese soldati e centurioni, e corse verso coloro; i quali, veduto il tribuno e i soldati, smisero di battere Paolo.
Stando per entrare in fortezza, Paolo chiese al tribuno: «Mi è permesso dirti alcunchè?». E quello rispose: «Sai il greco?
Paolo replicò: «Io sono un Giudeo, di Tarso, cittadino di quella non oscura città di Cilicia; permettimi, ti prego, di parlare al popolo».
E avendo colui acconsentito, Paolo, ritto in piè sulla scalinata, fece segno con la mano al popolo, e, fattosi gran silenzio, parlò loro in lingua ebraica così:
il tribuno comandò che Paolo fosse menato in fortezza, battuto con flagelli e messo alla tortura, a fin di scoprire per qual motivo gridassero così contro di lui.
E legato che l'ebbero con cinghie, Paolo disse al centurione che era lì presente: «V'è egli lecito di flagellare un uomo Romano, neppur condannato?».
Allora il tribuno venne da Paolo e gli chiese: «Dimmi, sei tu Romano?». Ed egli rispose: «Sì».
Il tribuno osservò: «A me questa cittadinanza è costata una gran somma!». E Paolo: «Io, invece, l'ho dalla nascita».
Il giorno di poi, volendo conoscere esattamente di che cosa lo accusassero i Giudei, il tribuno lo fece sciogliere, e comandò si radunassero i capi dei sacerdoti con tutto il Sinedrio; e, menato fuori Paolo, lo fe' comparire davanti a loro.
- Paolo, fissato lo sguardo sul Sinedrio, disse: «Fratelli, fino a questo giorno io son vissuto dinanzi a Dio in tutta buona coscienza».
Allora Paolo gli disse: «Iddio percuoterà te, muraglia imbiancata! Tu siedi a giudicarmi secondo la legge, e, violando la legge, ordini ch'io sia percosso?».
E Paolo: «Fratelli, io non sapevo esser lui il sommo sacerdote; chè sta scritto: "Non oltraggiare il principe del tuo popolo"».
Paolo, sapendo che una parte era di Sadducei, e l'altra di Farisei, nel Sinedrio esclamò: «Fratelli, io son Fariseo, figlio di Farisei, e son chiamato in giudizio per la speranza nella risurrezione dei morti!».
Il tumulto cresceva; e il tribuno, temendo che Paolo fosse fatto da loro a pezzi, comandò ai soldati che scendessero a prenderlo in mezzo e condurlo in fortezza.
Quando fu giorno, alcuni Giudei ordirono una congiura, facendo voto, con imprecazioni, di non toccar cibo né bevanda sino a che non avessero ucciso Paolo.
Essi si recarono dai capi dei sacerdoti e dagli anziani, dicendo: «Noi abbiam fatto voto, con imprecazione, di non prender cibo sino a quando non abbiamo ucciso Paolo.
Ma un figliuolo della sorella di Paolo, risaputo di questa insidia, andò alla fortezza, entrò, e riferì la cosa a Paolo.
E Paolo, fatto chiamare uno dei centurioni, gli disse: «Conduci questo giovine dal tribuno; ha qualche cosa da fargli sapere».
E subito colui lo prese, lo menò al tribuno e disse: «Quel carcerato, Paolo, m'ha pregato di condurre a te questo giovine, che ha qualche cosa da dirti».
Ed egli rispose: «I Giudei si sono accordati per pregarti di condurre domani Paolo al Sinedrio col pretesto di esaminarlo più minutamente;
e fate preparare delle cavalcature per porvi Paolo sopra e condurlo salvo al governatore Felice».
I soldati dunque, secondo gli ordini ricevuti, presero Paolo e lo condussero di notte ad Antipatride.
E quelli, giunti a Cesarea, consegnarono la lettera al governatore e gli presentarono anche Paolo.
Il governatore, com'ebbe letta la lettera, domandò a Paolo di qual provincia fosse; e udito che era di Cilicia,
- Di lì a cinque giorni, venne il sommo sacerdote Anania con alcuni anziani e un oratore, certo Tertullo; e comparvero dinanzi al governatore per accusar Paolo.
Fatto venir Paolo, Tertullo cominciò così l'accusa: «La molta pace che in grazia tua godiamo, e le riforme ispirate dalla tua avvedutezza,
E Paolo, dopo che il governatore gli ebbe fatto segno di parlare, rispose: «Siccome so che da molti anni tu governi questa nazione, con maggior fiducia parlo in mia difesa.
E dette ordine al centurione di tener Paolo in custodia, lasciandogli qualche sollievo, né si vietasse ad alcuno dei suoi di assisterlo.
Qualche giorno dopo, venne Felice con Drusilla sua moglie, che era giudea, e, mandato a chiamar Paolo, lo volle sentir parlare della fede in Cristo Gesù.
Ma quando Paolo entrò a parlar di giustizia, di continenza, e del futuro giudizio, Felice atterrito disse: «Per adesso va' pure; a miglior tempo ti manderò a chiamare».
Egli sperava nello stesso tempo che Paolo gli avrebbe dato del denaro; perciò lo mandava spesso a chiamare per discorrere con lui.
Passati due anni, Felice ebbe per successore Porzio Festo; il quale, volendo entrar nelle grazie de' Giudei, lasciò Paolo in prigione.
E i capi dei sacerdoti e i più ragguardevoli de' Giudei gli si presentarono contro Paolo; e lo pregavano,
Ma Festo rispose che Paolo era tenuto in custodia a Cesarea, dove egli stesso sarebbe tornato fra breve.
Rimasto non più di otto o dieci giorni tra loro, ridiscese a Cesarea; e il giorno appresso, sedendo in tribunale, comandò che Paolo fosse condotto.
mentre Paolo si difendeva: «Io non ho fatto nulla di male né contro la legge de' Giudei, né contro il tempio, né contro Cesare».
Ma Festo, volendo entrar nelle grazie de' Giudei, chiese a Paolo: «Vuoi tu salire a Gerusalemme, ed esservi giudicato di queste cose in mia presenza?».
Ma Paolo rispose: «Io sto al tribunale di Cesare, e qui mi si deve giudicare. A' Giudei non ho fatto torto, come tu sai molto bene.
Ed essendosi trattenuti vari giorni, Festo parlò di Paolo al re, dicendo: «È qui un cert'uomo, lasciato in prigione da Felice.
avevan solo contro di lui certe quistioni riguardanti la loro particolare superstizione e un certo Gesù morto, che Paolo affermava esser vivente.
Ma, essendosi Paolo appellato per esser riservato al giudizio d'Augusto, io comandai fosse tenuto in custodia finchè lo mandassi a Cesare».
Il giorno appresso, Agrippa e Berenice vennero in gran pompa, e, entrati nella sala d'udienza coi tribuni e co' notabili della città, Paolo, per ordine di Festo, fu menato innanzi.
- E Agrippa disse a Paolo: «Puoi parlare in tua difesa». Allora Paolo, stesa la mano, cominciò in tal modo a difendersi:
Mentre Paolo così parlava in sua difesa, Festo esclamò ad alta voce: «Paolo, tu farnetichi; la molta dottrina ti fa dare in pazzia».
Ma Paolo rispose: «Io non farnetico, eccellentissimo Festo; le mie parole son di verità e di buon senno.
E Agrippa, disse a Paolo: «Poco manca che tu non mi fai diventar cristiano!».
E Paolo: «Manchi poco o molto, desidero da Dio che non solo tu, ma quanti oggi mi ascoltano, diventiate tali quale son io, salvo queste catene».
- Quando dunque fu determinato di far vela per l'Italia, Paolo e cert'altri prigionieri furon consegnati a un centurione, di nome Giulio, della coorte Augusta.
Il giorno seguente arrivammo a Sidone; e Giulio, che trattava Paolo con benevolenza, gli permise di andare da' suoi amici a ristorarsi.
Passato così molto tempo, e il navigar facendosi sempre più pericoloso, perché era passato il digiuno, Paolo li ammoniva
Ma il centurione credeva più al pilota e al padron della nave che non alle cose dette da Paolo.
E poiché si stava da un pezzo senza prender cibo, Paolo, ritto in mezzo a quelli, disse: «Uomini, bisognava darmi ascolto, e non partire da Creta; vi sareste risparmiati questo strapazzo e questo danno.
dicendomi: - Paolo, non temere; tu devi comparire dinanzi a Cesare; ed ecco, Dio t'ha fatto dono di tutti quelli che navigano con te.-
Paolo disse al centurione e a' soldati: «Se costoro non restano sulla nave, voi non potete scampare».
E come si fu all'alba, Paolo esortava tutti a prender cibo, dicendo: «Oggi son quattordici giorni che state aspettando digiuni, senza prender nulla;
Ma il centurione, che voleva salvar Paolo, mandò a vuoto quel disegno, ordinando che quanti sapevano nuotare si gettassero giù i primi e andassero a terra;
Avendo poi Paolo raccolto de' sermenti e messili sul fuoco, una vipera uscì fuori, per il calore, e gli s'attaccò alla mano.
Or avvenne che il padre di questo Publio stava a letto, malato di febbre, e di dissenteria. Paolo entrò da lui, e, dopo aver pregato gli impose le mani e lo guarì.
Di là i fratelli, avendone avuto notizia, ci vennero incontro sino al Foro d'Appio e alle Tre Taverne; e Paolo, quando gli ebbe veduti, ringraziò Dio e prese fiducia.
E pervenuti che fummo a Roma, a Paolo fu permesso d'abitar da sè, con un soldato che gli faceva la guardia.
Tre giorni dopo, Paolo convocò i principali Giudei; e, quando furon venuti, disse loro: «Fratelli, io, senza aver fatto nulla né contro il popolo né contro le consuetudini de' padri, fui preso a Gerusalemme, e dato in man de' Romani.
E non trovandosi d'accordo fra loro, se ne partivano, mentre Paolo diceva questa sola parola: «Lo Spirito Santo bene parlò per mezzo del profeta Isaia ai nostri padri, dicendo:
E Paolo dimorò due anni interi in una casa presa a pigione; e vi riceveva tutti quelli che venivano a trovarlo,